venerdì 20 marzo 2009

IL DISEGNO E L'ARCHITETTO

Ho inteso sempre il disegno “manuale” come momento di riflessione sulle cose, come strumento indispensabile per capire.
Per l’architetto è linguaggio trasfigurato, è una sorta di iconografia del pensiero, strumento di indagine e strumento attraverso cui misurare e misurarsi con la realtà.
Diventa sostanza pensata e raffigurata oppure raffigurazione di sostanza vista e trascritta scientificamente con un segno, un segno che attua una astrazione del soggetto visto.
Si tratta del linguaggio mediante cui l’architettura si manifesta in qualche modo.
La rappresentazione di una architettura nel disegno concerne una operazione conoscitiva e l’oggetto architettonico rappresentato: è la esibizione programmatica di procedimenti atti ad una definizione formale.
Il disegno allora è fatto di pensiero e di rappresentazione di un soggetto mediante un segno intelleggibile, mediante un procedimento scientifico.
E’ il momento di costruzione di un’idea, una sorta di fondamento concettuale.

Con il disegno si è in presenza di se stessi.

C’è una solitudine nel disegno.

C’è un carattere quasi segreto e privato nel disegnare. In qualche modo questa solitudine coincide con il rapportarsi alla cultura, coincide con il porre se stessi come tramite che astrae, semplifica ed arriva a proporre una traccia di emersioni e di confronti sopra il foglio bianco.

Il disegno è il medium.
Il luogo di rappresentazione è dato dall’entità fisica e delimitata del foglio, lo spazio entro cui vive e trova senso la rappresentazione, attraverso una unicità indiscutibile. Sopra il supporto il soggetto trova una organizzazione, si pone in relazione con l’osservatore.

Disegno ed architettura si affiancano e talvolta non si vedono tra loro.
Senza dubbio però la questione del disegno è la questione del mestiere stesso dell’architetto.

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